Liquidità Distribuita è un libro adatto a qualsiasi pubblico, o è solo per tecnici ed economisti?

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Il presente articolo è parte delle risposte di Alessandro Nosei, autore del libro Liquidità Distribuita, alla recensione del prof. Roberto Tamborini, del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento:

Roberto Tamborini:
Il libro presenta due livelli di lettura, e due possibili audience. Il primo livello è quello
di una trattazione dei problemi e limiti dell’attuale assetto della politica monetaria
nell’Unione Monetaria Europea (UME), che introduce ad una proposta alternativa, la
“liquidità distribuita” (LD). Il secondo è la trattazione tecnica del modello della LD. Il
primo livello è utile ed efficace per un pubblico informato e attento, ma non esperto. Il
secondo, invece, richiede competenze specifiche in materia di politica monetaria,
politica fiscale e norme che regolano la UME. Segnalo quindi che il primo tipo di
lettore può trovarsi in difficoltà addentrandosi nella parte tecnica, mentre il secondo
tipo di lettore può rimanere insoddisfatto quanto a profondità e dettaglio su entrambi i
livelli. A mio parere sarebbe quindi consigliabile una scelta più mirata e precisa del
target del libro e del conseguente livello espositivo più efficace.

Non avendo ben chiaro quale sia il target dell’autore, e dell’editore, il mio commento ne
prende a riferimento uno intermedio. Quindi, detto che condivido, per grandi linee, le
premesse dell’autore sui limiti della politica monetaria attuale, sia quella
convenzionale (controllo dei tassi d’interesse) che il c.d. Quantitative Easing (QE), farò
riferimento ai punti qualificanti della proposta di LD, ma non entrerò in diversi
dettagli tecnici sui quali avrei perplessità, ma che sono meno rilevanti (e forse
potrebbero essere omessi) nella prospettiva del lettore “intermedio”. Per esempio,
possono essere omessi i formalismi matematici nell’esposizione del modello operativo
della LD.

Alessandro Nosei:
Gentile professore, la prima edizione della LD è sicuramente una pubblicazione ibrida.
La prima parte è infatti introduttiva, ed è sufficiente una preparazione di base dei temi economici per poterla seguire e comprendere. La seconda parte, dove viene trattata la LD in maniera analitica, è invece forse complessa per questo tipo di utente, e allo stesso modo estremamente insufficiente per una tradizionale trattazione accademica del tema.

Il motivo di fondo di questa imperfezione è semplice.
Come ricercatore indipendente, non possiedo la forza (tempo, strumenti, risorse) per una trattazione completa ed esaustiva del tema in forma accademica.
Allo stesso tempo, certo dell’efficacia di uno strumento innovativo come la LD, era necessario da una parte introdurre il tema e renderlo appetibile per un pubblico colto ma non specializzato; dall’altro, sia per dare concretezza alla proposta che per proteggere la proprietà intellettuale, era necessario definire la LD in un quadro matematico oggettivo.

La risultante è un lavoro “ibrido”, sicuramente non fatto a scopi commerciali, che come ha ben individuato avrebbe bisogno di uno sviluppo importante per essere esaustivo.

Lo scopo della mia pubblicazione è quindi essenzialmente divulgativo, per questa ragione ho cercato di unire una trattazione semplice e semplificata nelle premesse ad una leggermente più tecnica nella formulazione matematica dei meccanismi di quantificazione e distribuzione dello stimolo monetario.

Commento a Liquidità Distribuita del prof. Roberto Tamborini

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Pubblichiamo con piacere il commento a Liquidità Distribuita scritto dal professor Roberto Tamborini, del Dipartimento di Economia e Management Università di Trento. Come testimoniano le sue molte pubblicazioni e ricerche, il prof. Tamborini è una delle figure più esperte del panorama nazionale in tema di politiche monetarie e di Unione Monetaria Europea.

Università degli studi di Trento

Premessa

Il libro presenta due livelli di lettura, e due possibili audience. Il primo livello è quello di una trattazione dei problemi e limiti dell’attuale assetto della politica monetaria nell’Unione Monetaria Europea (UME), che introduce ad una proposta alternativa, la “liquidità distribuita” (LD). Il secondo è la trattazione tecnica del modello della LD. Il primo livello è utile ed efficace per un pubblico informato e attento, ma non esperto. Il secondo, invece, richiede competenze specifiche in materia di politica monetaria, politica fiscale e norme che regolano la UME. Segnalo quindi che il primo tipo di lettore può trovarsi in difficoltà addentrandosi nella parte tecnica, mentre il secondo tipo di lettore può rimanere insoddisfatto quanto a profondità e dettaglio su entrambi i livelli. A mio parere sarebbe quindi consigliabile una scelta più mirata e precisa del target del libro e del conseguente livello espositivo più efficace.

Non avendo ben chiaro quale sia il target dell’autore, e dell’editore, il mio commento ne prende a riferimento uno intermedio. Quindi, detto che condivido, per grandi linee, le premesse dell’autore sui limiti della politica monetaria attuale, sia quella convenzionale (controllo dei tassi d’interesse) che il c.d. Quantitative Easing (QE), farò riferimento ai punti qualificanti della proposta di LD, ma non entrerò in diversi dettagli tecnici sui quali avrei perplessità, ma che sono meno rilevanti (e forse potrebbero essere omessi) nella prospettiva del lettore “intermedio”. Per esempio, possono essere omessi i formalismi matematici nell’esposizione del modello operativo della LD.

 

La proposta di LD

Con il termine LD si indicano due operazioni congiunte di politica monetaria-fiscale compiute dalla BCE. Uno di monetizzazione dell’IVA per i consumatori, l’altro di monetizzazione della detassazione degli utili su investimenti diretti. Per monetizzazione si intende il seguente processo:

  1. per ogni acquisto di un consumatore residente in un paese “benestante” di un bene prodotto in un paese in “difficoltà”, la BCE rifonde il valore dell’IVA al consumatore stampando
  2. per ogni impresa di un paese “benestante” che compie investimenti diretti in un paese in “ difficoltà” gli utili saranno completamente detassati e le rispettive tasse versate dalla BCE al paese in “difficoltà” stampando

In primo luogo deve essere chiarito meglio che si tratta di una politica congiunta monetaria-fiscale, per la precisione si tratta di una forma (estrema) di monetizzazione fiscale, vale a dire la copertura di mancati introiti fiscali del paese “in difficoltà” mediante creazione di moneta. Andrebbe altresì chiarito meglio che, in linea  di principio (e più comunemente), le stesse identiche operazioni di detassazione potrebbero essere realizzate direttamente dal governo, con la banca centrale che copre il conseguente disavanzo fiscale con emissione di moneta (evitando cioè che il governo lo copra emettendo titoli di debito sul mercato). L’abbattimento dell’IVA su beni venduti a non residenti equivale a un dazio negativo e, in teoria, è uno strumento a disposizione di un governo sovrano; la detassazione degli utili d’imprese non residenti è una pratica molto diffusa (l’esempio principale in UE è l’Irlanda). L’autore spiega perché egli ritiene migliore l’erogazione diretta da parte della banca centrale, ma la spiegazione a me non risulta del tutto convincente. Infine va precisato che la LD è una forma di politica monetaria, nota in letteratura come “helicopter money” (termine che deriva da una metafora utilizzata da Milton Friedman negli anni ’60), la quale comporta una forte estensione dei poteri e del modus operandi della banca centrale, mai attuata in pratica. Infatti la LD prevede un trasferimento diretto di moneta dalla banca centrale al pubblico, mentre di norma e regola le banche centrali non hanno rapporti diretti col pubblico.

 

I vantaggi del sistema LD

I principali vantaggi illustrati dall’autore sono:

  • Si favoriscono e incentivano consumi verso i paesi più in crisi dell’area valutaria. Di fatto uno sconto notevole considerando la detassazione dell’IVA.
  • Si favoriscono investimenti diretti data la totale assenza di tassazione sugli utili generati dagli
  • Riequilibrio di lungo periodo delle posizioni di disequilibrio
  • Competizione tra i modelli manageriali. Secondo questo approccio evoluzionistico i sistemi più efficienti “colonizzeranno” quelli che lo sono
  • Secondo l’autore si eviterebbe di finanziare inefficienze pubbliche perché gli aiuti andrebbero direttamente ai settori
  • Dovrebbe esserci una ciclicità. Un paese in difficoltà verrà dapprima aiutato con queste leve di politica economica, poi, man mano che si registrerà una stabilizzazione economica del paese in crisi gli aiuti verrebbero diminuiti. Nel caso poi in cui il paese in difficoltà si riprenda a tal punto da diventare virtuoso tale paese smetterebbe di essere

 

Non ho particolari obiezioni con questa lista di vantaggi, se non che per ciascuno si potrebbe trovare un risvolto negativo. Gli economisti sono abituati a pensare che non ci sono mai soluzioni con soli benefici, e se non vedono i costi s’insopettiscono. Per esempio, ragioni di rifiuto del sistema potrebbero sorgere nei governi e nelle opinioni pubbliche sia dei paesi “benestanti” (es. lavoratori dei settori che subiscono la concorrenza dei beni importati, delocalizzazioni della produzione) che di quelli “in difficoltà” (colonizzazione del sistema economico, dipendenza dal capitale estero). Gli ampi flussi di fattori produttivi che si metterebbero in moto, e che l’autore nobilmente auspica, potrebbero essere rigettati dai cittadini: basti pensare al peso dei flussi di migrazione intra-UE nell’esito della Brexit.

Aggiungerei anche che gran parte della scarsa competitività di un sistema produttivo è frutto di carenze istituzionali: giustizia lenta, corruzione, clima e territorio, formazione  del  capitale  umano,  distretti  industriali…L’autore  immagina  di internalizzare tutta la discussione quantificando un valore monetario per finanziarie la cancellazione della tassazione sugli investimenti diretti, e che la “colonizzazione” dei sistemi retrogradi da parte di quelli più avanzati risolva tutti i problemi. Esiste un’ampia letteratura sui pro e contro degli investimenti diretti per lo sviluppo economico che andrebbe considerata. Una discussione più articolata e obiettiva di queste sfaccettature sarebbe auspicabile. Ma non è il caso di dettagliare qui questi aspetti, passando invece a una serie di limiti e problemi logicamente antecedenti.

 

Il modello di LD è compatibile con i Trattati europei?

Questa è ovviamente la domanda prioritaria, e a mio parere la risposta è no. Dirò il perché, ma non essendo io un giurista, l’invito è che la proposta di LD sia preceduta da un’approfondita analisi giuridica.

In linea di principio il modello di LD sembrerebbe prima facie applicabile in un paese con piena sovranità monetaria e fiscale. Ma ovviamente i paesi membri della UME non hanno sovranità monetaria e hanno sovranità fiscale limitata. Quindi il primo problema è: può la BCE riformulare la politica di QE secondo il modello LD? Sarebbe il caso di tener presente le notevoli difficoltà, anche giuridiche, tra cui un ricorso presso la Corte suprema tedesca, che la BCE ha incontrato per poter varare, buon ultima nel mondo, l’attuale programma di QE. Le ben note obiezioni giuridiche sulla base dei Trattati sono state due: 1) La BCE non può finanziare singoli governi dei paesi membri né direttamente né indirettamente. 2) La BCE non ha legittimità per attuare politiche che comportino, direttamente o indirettamente, scelte fiscali, le quali spettano solo ai legittimi governi nazionali. La Corta Europea di Giustizia ha “assolto” il programma di QE della BCE dichiarando che non vìola i Trattati, ovvero non integra le violazioni 1 e 2. Successivamente anche la Corte suprema tedesca ha respinto (a maggioranza) l’interpellanza presentata da un gruppo di qualificati ricorrenti.

Ora, una discussione approfondita delle differenze tra il modello LD e il QE della BCE sarebbe necessaria nel libro, e sarebbe altresì utile richiamare le ragioni per cui il QE è stato giudicato ammissibile. Ne risulterebbe, a mio parere, che il modello LD avrebbe pochissime chance di superare il vaglio delle violazioni 1 e 2. LD vìola il punto 1 perché monetizza una mancato gettito fiscale del governo “in difficoltà”, e palesemente vìola per definizione il punto 2.

In secondo luogo, anche dal lato dei governi la UME impone limiti alla sovranità fiscale. I più stringenti riguardano due princìpi cardine dei Trattati: la tutela della concorrenza e la proibizione degli aiuti di Stato. A prima vista il meccanismo di abbattimento dell’IVA sui beni importati (che sono beni esportati dal paese “in difficoltà”) li vìola entrambi. Come ho detto prima, non si tratta altro che di un dazio negativo, e i dazi nella UME non possono esistere, né positivi né negativi. Il fatto che l’operazione sia svolta dalla BCE, anziché dal governo, è una foglia di fico invisibile all’occhio attento dei guardiani dei Trattati. C’è anche un precedente, proprio di un paese “in difficoltà”, la Grecia. In uno dei vari piani di aggiustamento del governo negoziati coi creditori (la “Troika”) c’era l’abbattimento dell’IVA sui servizi turistici delle isole (un bene greco sicuramente molto apprezzato dai consumatori tedeschi), che venne bocciato. Per altro risulta difficile credere che Italia e Spagna avrebbero gradito la  “concorrenza  sleale”  delle  spiagge  greche.  Si  consideri  infatti  che, seppur faticosamente, la tendenza degli organi europei è verso l’armonizzazione fiscale, IVA in primis. In linea teorica, sarebbe forse ammissibile la detassazione degli utili delle imprese non residenti (come ho detto l’ha fatto l’Irlanda), ma certamente non può essere fatto solo per imprese residenti in specifici paesi UME, quelli “benestanti”. E anche in questo campo, sebbene la lobby della detassazione degli utili sia molto forte, la UE si sta muovendo, con forte supporto di opinione pubblica, verso il superamento della race to the bottom ovvero dei c.d. “paradisi fiscali”.

Oltre a questi problemi relativi ai Trattati, l’implementazione della LD presenta numerosi aspetti operativi non banali che richiederebbero maggiori approfondimenti. Ne segnalo brevemente solo uno che mi sembra particolarmente rilevante.

 

Come s’identificano i paesi target?

Il punto chiave della LD è l’identificazione dei paesi target. Per la precisione i paesi target sono di due tipi: quelli “in difficoltà” (paese A), i cui beni esportati beneficiano dell’abbattimento dell’IVA e le imprese non residenti della detassazione degli utili, e quelli “benestanti” (paese B), in cui risiedono i consumatori che ricevono il rimborso dell’IVA per i beni esportati dal paese A e le imprese i cui utili esteri conseguiti nel paese A sono detassati. Nel libro si fa l’esempio emblematico della Grecia come paese A e della Germania come paese B, ma il problema è molto meno ovvio di come appare.

Ogni paese può essere “in difficoltà” o “benestante” per alcuni aspetti e non per altri. Inoltre le difficoltà di un paese possono essere transitorie o strutturali. In macroeconomia si distinguono i fattori ciclici di “breve periodo” da quelli strutturali “di lungo periodo”. Allora in primo luogo l’autore deve chiarire qual è lo scopo della LD: è un strumento di politica anticiclica, cioè atto ad accelerare la ripresa economica dopo una recessione, o uno strumento di politica strutturale, cioè finalizzato a rimuovere le cause di bassa crescita di un paese? La lettura del libro fa propendere per la seconda ipotesi, la quale però solleva diverse obiezioni.

La concezione moderna della politica monetaria in tutti i paesi avanzati è che essa è uno strumento anticiclico, non strutturale. Le banche centrali ritengono di non avere né gli strumenti né la legittimità per attuare politiche strutturali, che invece sono prerogativa esclusiva dei governi democraticamente eletti. Come detto sopra, questa concezione è integrata e rafforzata nei Trattati della UME. Inoltre nella UME esiste un veto politico per mettere in campo politiche di aiuti strutturali tra paesi. La fiducia dell’autore nel fatto che la LD superi questo veto semplicemente nascondendola dietro il velo della politica monetaria, o magari grazie alla soddisfazione dei consumatori e delle imprese dei paesi B, mi sembra infondata.

L’autore propone d’identificare i paesi B sulla base dello spread di rendimento dei titoli di stato. L’idea è che uno spread alto rifletta la valutazione del mercato finanziario sul grado di “difficoltà” di crescita ed economica generale, rispetto ai paesi a spread basso. Dunque a spread maggiore corrisponde una dose di LD maggiore. A mio giudizio lo spread è l’indicatore meno adatto per gli scopi di aggiustamento strutturale che l’autore si prefigge. Come attesta la letteratura finanziaria, lo spread è un indicatore molto volatile, molto sensibile a fattori esogeni al singolo paese, presenta ampie e persistenti deviazioni dal suo valore teorico di merito di credito del paese, e ha poco contenuto predittivo dell’evoluzione futura dell’economia. Basti ricordare che dopo il varo dell’euro per dieci anni gli spread di tutti i paesi sono stati pressoché nulli indipendentemente dall’evoluzione (o involuzione) strutturale delle economie sottostanti, mentre in seguito alla “scoperta” del mega indebitamento greco gli spread sono esplosi a grappolo in buona misura sganciati dai fondamentali di ciascun paese. Giova anche sottolineare che proprio questa natura contingente e non strutturale della crisi degli spread, che interferisce severamente con l’efficienza finanziaria e la funzionalità della politica monetaria, è stata addotta a sostegno e giustificazione degli interventi non convenzionali della BCE, i quali effettivamente hanno sgonfiato gli spread.

Quanto alla ricerca di un buon indicatore strutturale, il problema non è di facile soluzione. Per esempio, a causa della Grande Recessione mondiale del 2008-09, la disoccupazione è aumentata più o meno in tutti i paesi membri della UME. Erano tutti eleggibili come paesi A? Forse no, ma quanta parte dell’aumento è stato dovuto alle cause contingenti della crisi mondiale, e quant’è invece la disoccupazione strutturale? Un’ipotesi che a me pare plausibile è di collegare la LD all’ambito dei c.d. “squilibri macroeconomici”, che rientrano nei nuovi parametri di riferimento della Commissione europea. L’indicatore principale utilizzato dalla CE è lo squilibrio di conto corrente. Un paese membro è chiamato ad attuare manovre correttive se ha un disavanzo corrente maggiore del 4% del PIL o un avanzo corrente maggiore del 6%. Di fatto, nessun paese in avanzo ha rispettato questa regola, mentre i paesi in disavanzo hanno corretto i loro conti correnti subendo i meccanismi deflattivi e recessivi che l’autore analizza correttamente. In base a tale criterio, i paesi A e B sarebbero identificati in relazione alla violazione dei limiti suddetti di disavanzo e avanzo del conto corrente, i quali in effetti hanno cause e dimensioni di medio-lungo termine. L’abbattimento dell’IVA sulle importazioni di ciascun paese in avanzo da ciascun paese in disavanzo darebbe certamente un contributo al riequilibrio. L’incentivo fiscale all’investimento reale diretto da ciascun paese in avanzo a ciascun paese in disavanzo, costituirebbe la controparte di movimenti di capitali reali, anziché meramente finanziari o speculativi, a fronte dello squilibrio di conto corrente. Naturalmente, se i Trattati lo permettessero.

 

Trento, 19-11-2016

È possibile l’Espansione Monetaria senza Iperinflazione? Sì, attraverso la Liquidità Distribuita

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La Liquidità Distribuita, risolve uno dei problemi aperti e attualmente senza soluzione della teoria economica del ‘900: la possibilità di eseguire operazioni di espansione monetaria, finalizzata al rilancio dell’economia reale, a mezzo di emissione di moneta, rimanendo all’interno di un modello che esclude la possibilità di generare iperinflazione.

stampa-moneta-100-euroI keynesiani, infatti, i quali da sempre sostengono che l’economia va sostenuta tramite investimenti pubblici (finanziati con l’espansione monetaria), non hanno ad oggi proposto concretamente modelli che possano garantire l’immunità dell’inflazione a seguito dell’emissione di moneta. Ed è per questa mancanza che i monetaristi rimangono arroccati in posizioni di austerity, anche quando le condizioni di mercato sono fortemente recessive.
La LD, tramite un approccio completamente innovativo alle modalità di immissione della liquidità nel mercato, risolve questo problema, aprendo quindi un nuovo capitolo della storia economica del XXI secolo.

Tutte le politiche di stimolo dell’economia reale a mezzo investimenti finanziati con l’emissione di moneta, al di là delle varie modalità, partono da un presupposto: è lo Stato che, motu proprio, stampa moneta e finanzia grandi opere pubbliche e infrastrutture. L’approccio è quindi centralizzato, le opere sono imponenti, quindi hanno bisogno di procedure di attribuzione e gestione lente, burocratiche, e soggette a “pressioni” politiche.

Con la modalità di immissione di moneta prevista nel modello della Liquidità Distribuita, andiamo in una direzione diametralmente opposta, tramite tre principi anti-inflazione: 1) più moneta serve quando ci sono più scambi economici, quindi quando cresce l’economia; 2) i paesi in recessione presentano deflazione o inflazione negativa; 3) il principio per cui si stampa moneta deve ineludibilmente tendere a zero.

  1. La moneta viene iniettata direttamente sui soggetti che producono economia reale, ovvero Cittadini che acquistano e Imprese che producono utile. Conseguentemente il 100% della moneta creata va a generare immediatamente economia reale. Poiché il beneficiario finale è il cittadino e l’impresa, non solo si crea economia, ma si aumenta il benessere diffuso della popolazione. Di fatto, in questo modo, l’espansione monetaria segue l’espansione economica, rendendo neutrali le spinte inflattive generali del sistema.
  2. La liquidità viene proporzionalmente iniettata in maniera selettiva sulle nazioni che hanno maggiori difficoltà. Un paese in difficoltà economica, e quindi in fase recessiva, vedrà una contrazione dei consumi e degli investimenti, e a minore domanda i prezzi diminuiscono, generando deflazione (espressa o latente). Di conseguenza, maggiore è la recessione, maggiore sarà la deflazione, maggiore sarà lo stimolo monetario dedicato al paese, maggiore sarà quindi la controspinta inflazionistica generata. Questo meccanismo, quindi, tende a portare le spinte inflattive nazionali su un livello di neutralità.
  3. Con il tempo, l’iniezione di liquidità tende automaticamente a zero e quindi all’equilibrio. Essendo lo stimolo monetario iniettato in maniera selettiva sui paesi, proporzionalmente alla gravità del loro stato economico, il miglioramento prodotto sull’economia reale porterà ad un miglioramento dei fondamentali macroeconomici nel periodo successivo. Conseguentemente lo stimolo monetario nel periodo successivo sarà minore, e così via fino a quando il paese non sarà livellato agli altri paesi, con stimolo uguale a zero.

Con la LD, in definitiva, si risolve il problema di attuare politiche monetarie espansive senza riflessi negativi su piano dell’inflazione. Al contrario, la LD porta una controspinta inflazionistica in quei mercati dove la recessione spinge alla deflazione. Il risultato è un aggregato omogeneo dell’inflazione, che quindi può essere efficientemente governato da politiche centrali per ottimizzare gli equilibri valutari internazionali.

Liquidità Distribuita, una simulazione di applicazione nell’Unione Europea

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Un’idea più chiara dell’equità insita nello strumento della Liquidità Distribuita si può avere guardando una simulazione di applicazione all’interno dell’Unione Europea.

A questo link l2l.it/LD1 è possibile scaricare un file Excel contenente un’ipotesi di applicazione del modello della Liquidità Distribuita ai paesi dell’Area Euro (con l’aggiunta del Regno Unito). Questa simulazione è stata fatta prima del referendum che ha decretato l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea ed è quindi particolarmente interessante, poiché mostra i benefici monetari che avrebbero avuto i britannici se fossero rimasti nell’UE e avessero scelto di adottare la moneta unica.

I dati sono orientativi e l’obiettivo delle tabelle è solo quello di dare un’idea quantitativa degli stimoli monetari che la LD sarebbe in grado di generare per ogni stato.

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COMMENTO ALLE TABELLE DI SIMULAZIONE DELLA LD

Tabella 1
Nella tabella vengono inseriti gli indicatori di base PIL, Debito Pubblico e Spread. Tramite il prodotto di Debito per Spread si ottiene la quantificazione dello Stimolo Monetario necessario per ogni nazione. Il prodotto tra PIL e Reverse Spread determina l’indice di performance assoluto e quindi la percentuale di allocazione dei premi sul totale.

Tabella 2
Il Totale Stimolo Monetario, individuato per ogni nazione nella prima tabella, viene suddiviso tra tutte le nazioni in base alla percentuale di allocazione sul totale. Ogni nazione, così, da una parte ha dei premi da impiegare nelle altre nazioni, dall’altra riceve impieghi dalle altre nazioni su se stessa.

NOTA 1: nel modello si vede come la nazione più virtuosa del sistema, e quindi con il maggiore benessere economico, sia quella che non riceve nessun investimento da parte degli altri paesi (ed è corretto in quanto non ne ha bisogno). Allo stesso tempo, avendo il Reverse Spread migliore, è quella che per ogni unità di PIL riceverà più premi da spendere negli altri paesi (quindi ha più capacità di diffondere i propri modelli aziendali vincenti).
Viceversa, il paese con la peggiore performance, non avrà nessun premio da spendere nelle altre nazioni (ed è corretto, in quanto non è nelle condizioni di poter trasmettere modelli vincenti), ma avrà il massimo Stimolo Monetario a disposizione in proporzione al suo Debito, affinché gli altri paesi vengano ad investire.

NOTA 2: nell’allocazione degli stimoli monetari, si evidenzia che anche gli stati avranno a disposizione uno stock di stimolo monetario per se stessi. Tale stimolo è la quantità di moneta disponibile per l’applicazione della Liquidità Distribuita a livello regionale.

Tabella 3
Nella tabella si simula, fermi gli altri fattori costanti, l’andamento della creazione e iniezione di Stimolo Monetario per l’Italia. Ammettendo che l’impatto di investimenti e consumi esteri diretti in Italia produca un miglioramento economico e conseguentemente una riduzione dello Spread medio annuo del 20%, la tabella riporta l’andamento dell’espansione monetaria aggregata per l’Italia in 20 anni.
Nella realtà l’efficacia dello stimolo sarà variabile di anno in anno, ma produrrà comunque nel tempo una tendenza alla riduzione dello stimolo complessivo. Eventuali shock esogeni che dovessero far aumentare nuovamente lo Spread (guerre, carestie, eventi sismici, etc), produrrebbero un picco momentaneo per poi rivedere una discesa.

BREXIT o REMAIN?

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Brexit-EuropeSull’imminente referendum che tiene mercati e politici europei col fiato sospeso, c’è un commento che si può fare, a prescindere dal risultato.
L’Europa ha perso.

L’attuale difficoltà di far fronte all’emergenza immigrazione è solo lo specchio di una diffidenza per “l’altro” che è iniziata dentro i confini europei, fra gli stati membri, appena sono sorte le prima difficoltà economiche e il sistema non ha risposto adeguatamente.

Dove ha fallito, quindi, l’Unione Europea?
Su più fronti.
Non è riuscita a creare una politica estera comune, non ha generato risparmi di gestione nei bilanci statali, non è stata una soluzione alla crisi economica (anzi, l’ha accentuata negli stati in difficoltà), non è stata capace di creare sinergie funzionali al tessuto imprenditoriale, né, infine, ha generato alcuna solidarietà fra stati nella gestione dell’immigrazione.
E per gli stati “benestanti” è stata comunque un limite (non compensato da benefici) alla disinvoltura con cui erano soliti approcciarsi allo sfruttamento delle risorse naturali e del mercato finanziario (è il caso della Gran Bretagna, per l’appunto).

Da dove ripartire, quindi?
Dalle politiche economiche. Ci vogliono regole e meccanismi che creino “la convenienza” a rimanere nell’Unione Europea. L’Europa deve attrezzarsi con strumenti equi di armonizzazione del sistema economico comunitario, che convengano a tutti, che siano giusti sul piano etico e funzionali sul versante macro e microeconomico.

La Liquidità Distribuita è una risposta concreta a questa necessità. La LD, infatti, può essere davvero uno strumento “fondativo” di una comunità economica, poiché crea, insieme, sinergie economiche e sociali.

Non è un caso che il libro propone una simulazione di applicazione della LD (scaricabile a questo link l2l.it/LD1) che include il Regno Unito fra gli stati membri dell’UE, evidenziando gli enormi vantaggi monetari per le imprese e i cittadini inglesi avrebbero all’interno dell’Europa Unita.