Il modello di Liquidità Distribuita è compatibile con i Trattati Europei?

Posted by | 24 Luglio, 2017 | Domande e Risposte | No Comments

Il presente articolo è parte delle risposte di Alessandro Nosei, autore del libro Liquidità Distribuita, alla recensione del prof. Roberto Tamborini, del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento:

Roberto Tamborini:
Questa è ovviamente la domanda prioritaria, e a mio parere la risposta è no. Dirò il perché, ma non essendo io un giurista, l’invito è che la proposta di LD sia preceduta da un’approfondita analisi giuridica.

In linea di principio il modello di LD sembrerebbe prima facie applicabile in un paese con piena sovranità monetaria e fiscale. Ma ovviamente i paesi membri della UME non hanno sovranità monetaria e hanno sovranità fiscale limitata. Quindi il primo problema è: può la BCE riformulare la politica di QE secondo il modello LD? Sarebbe il caso di tener presente le notevoli difficoltà, anche giuridiche, tra cui un ricorso presso la Corte suprema tedesca, che la BCE ha incontrato per poter varare, buon ultima nel mondo, l’attuale programma di QE. Le ben note obiezioni giuridiche sulla base dei Trattati sono state due: 1) La BCE non può finanziare singoli governi dei paesi membri né direttamente né indirettamente. 2) La BCE non ha legittimità per attuare politiche che comportino, direttamente o indirettamente, scelte fiscali, le quali spettano solo ai legittimi governi nazionali. La Corta Europea di Giustizia ha “assolto” il programma di QE della BCE dichiarando che non vìola i Trattati, ovvero non integra le violazioni 1 e 2. Successivamente anche la Corte suprema tedesca ha respinto (a maggioranza) l’interpellanza presentata da un gruppo di qualificati ricorrenti.

Ora, una discussione approfondita delle differenze tra il modello LD e il QE della BCE sarebbe necessaria nel libro, e sarebbe altresì utile richiamare le ragioni per cui il QE è stato giudicato ammissibile. Ne risulterebbe, a mio parere, che il modello LD avrebbe pochissime chance di superare il vaglio delle violazioni 1 e 2. LD vìola il punto 1 perché monetizza un mancato gettito fiscale del governo “in difficoltà”, e palesemente vìola per definizione il punto 2.

 

Alessandro Nosei:
Concordo che questi aspetti di carattere formale siano antecedenti alla valutazione del merito della LD. Non sono neppure io un giurista, e pertanto non posso entrare in temi formali di compatibilità con l’attuale sistema con competenza. Anche qui auspico un approfondimento in futuro.

Brevemente le posso lasciare una mia considerazione su questi punti:

  1. la BCE non finanzierebbe i singoli governi né direttamente, né indirettamente, in quanto l’azione bypassa completamente il governo e va ad erogare lo stimolo monetario a “qualsiasi cittadino” o “qualsiasi impresa” che compia l’azione microeconomica auspicata. Non si tratterebbe comunque di “finanziamento” ma di una erogazione di moneta a fondo perduto essendo stampa di cartamoneta.
  2. la BCE conseguentemente non interverrebbe nelle scelte fiscali, che rimarrebbero di pertinenza dei governi, in quanto il premio verrebbe erogato ex post e non in sostituzione al mancato gettito fiscale. In altre parole, piena libertà di azione dei governi sulle politiche fiscali ed economiche, con il sistema che si adatta ai risultati prodotti da queste.

In conclusiriscrivere-i-trattati-europeione, sulla compatibilità con i Trattati europei, vorrei precisare un’opinione diffusa tra i sostenitori della LD: i trattati si riscrivono. Se la UE, così com’è, non funziona, non c’è alcuna ragione per aspettare che fallisca prima di porvi rimedio. La LD può essere un vero patto di solidarietà fra gli stati membri, e quindi, se necessario, richiede un momento ri-fondativo dell’Unione Europea.

In secondo luogo, anche dal lato dei governi la UME impone limiti alla sovranità fiscale. I più stringenti riguardano due princìpi cardine dei Trattati: la tutela della concorrenza e la proibizione degli aiuti di Stato. A prima vista il meccanismo di abbattimento dell’IVA sui beni importati (che sono beni esportati dal paese “in difficoltà”) li vìola entrambi. Come ho detto prima, non si tratta altro che di un dazio negativo, e i dazi nella UME non possono esistere, né positivi né negativi. Il fatto che l’operazione sia svolta dalla BCE, anziché dal governo, è una foglia di fico invisibile all’occhio attento dei guardiani dei Trattati. C’è anche un precedente, proprio di un paese “in difficoltà”, la Grecia. In uno dei vari piani di aggiustamento del governo negoziati coi creditori (la “Troika”) c’era l’abbattimento dell’IVA sui servizi turistici delle isole (un bene greco sicuramente molto apprezzato dai consumatori tedeschi), che venne bocciato. Per altro risulta difficile credere che Italia e Spagna avrebbero gradito la “concorrenza sleale” delle spiagge greche. Si consideri infatti che, seppur faticosamente, la tendenza degli organi europei è verso l’armonizzazione fiscale, IVA in primis.

In linea teorica, sarebbe forse ammissibile la detassazione degli utili delle imprese non residenti (come ho detto l’ha fatto l’Irlanda), ma certamente non può essere fatto solo per imprese residenti in specifici paesi UME, quelli “benestanti”. E anche in questo campo, sebbene la lobby della detassazione degli utili sia molto forte, la UE si sta muovendo, con forte supporto di opinione pubblica, verso il superamento della race to the bottom ovvero dei c.d. “paradisi fiscali”.

Da questo punto di vista, non siamo di fronte ad una detassazione degli utili orizzontale per gli investimenti dei paesi esteri, ma un meccanismo di premialità proporzionale alle necessità, temporaneo, compensativo e pertanto slegato dalle politiche nazionali.

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