Sull’imminente referendum che tiene mercati e politici europei col fiato sospeso, c’è un commento che si può fare, a prescindere dal risultato.
L’Europa ha perso.
L’attuale difficoltà di far fronte all’emergenza immigrazione è solo lo specchio di una diffidenza per “l’altro” che è iniziata dentro i confini europei, fra gli stati membri, appena sono sorte le prima difficoltà economiche e il sistema non ha risposto adeguatamente.
Dove ha fallito, quindi, l’Unione Europea?
Su più fronti.
Non è riuscita a creare una politica estera comune, non ha generato risparmi di gestione nei bilanci statali, non è stata una soluzione alla crisi economica (anzi, l’ha accentuata negli stati in difficoltà), non è stata capace di creare sinergie funzionali al tessuto imprenditoriale, né, infine, ha generato alcuna solidarietà fra stati nella gestione dell’immigrazione.
E per gli stati “benestanti” è stata comunque un limite (non compensato da benefici) alla disinvoltura con cui erano soliti approcciarsi allo sfruttamento delle risorse naturali e del mercato finanziario (è il caso della Gran Bretagna, per l’appunto).
Da dove ripartire, quindi?
Dalle politiche economiche. Ci vogliono regole e meccanismi che creino “la convenienza” a rimanere nell’Unione Europea. L’Europa deve attrezzarsi con strumenti equi di armonizzazione del sistema economico comunitario, che convengano a tutti, che siano giusti sul piano etico e funzionali sul versante macro e microeconomico.
La Liquidità Distribuita è una risposta concreta a questa necessità. La LD, infatti, può essere davvero uno strumento “fondativo” di una comunità economica, poiché crea, insieme, sinergie economiche e sociali.
Non è un caso che il libro propone una simulazione di applicazione della LD (scaricabile a questo link l2l.it/LD1) che include il Regno Unito fra gli stati membri dell’UE, evidenziando gli enormi vantaggi monetari per le imprese e i cittadini inglesi avrebbero all’interno dell’Europa Unita.